Un Toro in via di estinzione…

In questi caldi pomeriggi di ottobre capita spesso, girando per le periferie di Torino, di imbattersi in gruppi di ragazzini, che in qualche campetto, giocano a calcio, così come si faceva ai vecchi tempi, quando Playstation e Xbox ancora non esistevano. Così sabato scorso ho visto un gruppo di quindicenni, una ventina circa, che in un campo da 7, organizzavano un triangolare per trascorrere un pomeriggio di sano sport e divertimento. Con mio sommo stupore ho potuto notare che almeno la metà dei presenti, indossava tristissime maglie a striscie bianconere, altri rossonere, nerazzurre, giallorosse e solo uno si distingueva dal gruppo perché indossava una maglia granata con il numero 9 e il nome di Bianchi stampato sulla schiena.

Hanno formato tre squadre che rappresentavano Juve, Inter e Milan, organizzando una specie di trofeo Tim, con mini partite di 20 minuti cadauna. Quel che stavo osservando mi ha riportato indietro di vent’anni, quando anche io passavo i pomeriggi nei campacci di periferia, correndo dietro a un pallone insieme agli amici, con la mia inseparabile maglia granata, sponsorizzata Beretta, la numero 5 di Enrico Annoni. Quel che più mi ha fatto riflettere, osservando la scena che avevo sotto gli occhi, era l’unica maglia granata presente, una cosa ben diversa dai miei tempi, quando si contavano più del 50% di maglie del Toro e il resto bianconere, non rappresentando quasi per niente le milanesi e ancor meno le altre e la cosa più intrigante da fare, non era certo quella di organizzare un finto Trofeo TIM, ma di giocare un derby!

Ma i tempi cambiano, ed è anche facile capire quali siano i motivi che hanno reso il Torino, così poco popolare tra i più giovani, a dispetto della Juve, delle milanesi, e addirittura di Roma e Napoli. Per troppi anni i granata sono rimasti fuori dal calcio che conta, e l’ultima volta che il Torino ha varcato i confini per giocare le competizioni europee risale al 93-94 quando venne eliminato nei quarti di finale di Coppa delle Coppe dall’Arsenal. Da allora il Toro ha giocato solamente otto campionati di serie A, collezionando quattro retrocessioni, due undicesimi posti e due salvezze conquistate alla penultima giornata.

Viene da chiedersi come un bambino, possa legarsi ad una squadra che spesso è assente anche dai giochi per la Playstation (perchè in serie B), e che disputa le sue gare il sabato pomeriggio a Castellammare di Stabia o Grosseto, mentre le altre vanno a giocarsela il mercoledì contro Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco e Manchester United. Una squadra che viene citata solamente in dodicesima pagina del Tuttosport, mentre le grandi occupano le prime pagine su tutti i giornali sportivi e non, e comunque con un presente e un futuro piuttosto nebuloso.

In vent’anni si sono succeduti 7 presidenti: Borsano, Goveani, Calleri, Vidulich, Aghemo, Cimminelli e Cairo; 23 allenatori escluso i ritorni, e tantissimi giocatori che non hanno di certo lasciato il segno nel cuore dei tifosi granata. Non si è mai visto un progetto serio, mai uno spiraglio di luce, ma sempre e solo tempesta, che continua tutt’ora, quando invece sembrava che l’avvento di Urbano Cairo, potesse portare qualcosa di diverso dopo il fallimento del 2005.

Tante, troppe domande che restano ancora oggi senza una risposta, come ad esempio:

- Perchè il Torino non è mai riuscito dopo Pianelli, a trovare un presidente che si innamorasse di questa società, e non la usasse solo per motivi speculativi?;

- Perchè dopo Ferruccio Novo, chiunque abbia provato a far risorgere il Toro, come Pianelli, Rossi, Borsano e lo stesso Cimminelli  è caduto in disgrazia, o è stato costretto ad abbandonare la nave, fino allo scandaloso quanto ingiusto fallimento del 2005?;

- Perché chi ha provato a far rinasecere il Filadelfia, è incappato in mille difficoltà  e impedimenti che hanno portato alla sua definitiva demolizione, e una montagna di promesse e progetti sono rimasti carta straccia, fino ai giorni nostri, quando la fondazione per la sua ricostruzione non ha nemmeno più un presidente?;

- Perché quando sembrava che tutto fosse pronto per cominciare i lavori di ricostruzione del Filadelfia, il signor Chiabrera ha sentito il bisogno di rinunciare alla carica di presidente, rallentando così in maniera considerevole l’iter che avrebbe portato ad aprire i cantieri,  e per trovare il suo sostituto non sono bastati 5 mesi, in cui il sindaco Fassino ha addirittura avuto il coraggio di proporre Giuseppe Zunino, un personaggio che già solo per i suoi trascorsi legati al panorama Fiat come braccio destro di Cesare Romiti, e un passato piuttosto nebuloso, quasi come una presa in giro verso il popolo granata ?;

Perchè il comune sembra che stia facendo melina, e con lui il presidente Cairo dopo aver promesso di stanziare i proventi per la ricostruzione del centro sportivo nell’area Filadelfia?

Troppe domande che meritano una risposta, ma il vero problema è che viene anche difficile trovare un interlocutore a cui chiedere conto di tutti questi interrogativi, come ad esempio: perché il presidente Cairo che risulta un vincente in tutte le attività imprenditoriali in cui é coinvolto, nel calcio continui ad occupare una posizione da perdente e con lui il Torino?

Non sarà forse che avesse ragione il signor Moggi quando sosteneva che per una città come Torino, due squadre di serie A fossero troppe e che il signor Cairo non sia solo il braccio armato che si occupa di tenere il Torino lontano dal calcio che conta, fino alla sua definitiva estinzione?

Si… estinzione, perché una squadra di calcio oggigiorno deve sopravvivere grazie ai propri ricavi, che derivano per la maggiore, dalla quantità di tifosi che essa riesce a coinvolgere. Ma i tifosi aumentano proporzionalmente coi risultati che la squadra ottiene, e allora anni e anni di anonimato, potrebbero portare, specie tra i più giovani ad una disaffezione progressiva verso i colori granata, sempre più ai margini del calcio italiano fino alla sua estinzione, i quali sintomi cominciano a vedersi gia oggi, quando nei campetti di periferia le maglie granata diventano sempre più rare.

 

Comments

  1. Emiliano Lemma says

    Un bell’articolo, nelle premesse iniziali e nelle conclusioni. Che una squadra come il Toro possa sostanzialmente scomparire è un dramma per il calcio italiano (e detto da me…). Però le motivazioni che adduci sono davvero assurde. Assisto con preoccupazione alla tua deriva curvaiola.
    Ma cosa vuoi che interessi alla Fiat il piccolo (con tutto il rispetto) Torino? Fiat è proiettata fuori dall’Italia, come ben sai e la Juve quasi, nel senso che le rivali, sia economiche che sportive si chiamano Chelsea, Arsenal, Borussia, City eccetera, (in quanto Real, Barcellona, Manchester e Bayern sono irraggiungibili)e, in Italia, Milan, Inter, Napoli e Roma.
    In passato, quando il Toro era ben altra società, ha avuto solo la sfortuna di incappare in Presidenti poco seri o, nel caso di alcuni da te citati, poco solidi economicamente. E, anche allora, se solo davvero Fiat avesse voluto far fuori il Toro l’avrebbe fatto senza troppi problemi. Ma per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Perchè avete vinto lo scudetto del ’76? Per il derby dal 2-0 al 2-3? Un po’ pochino, no?
    Dispiace

    • ferruccio says

      lei è sicuro che quella di incappare in presidenti poco seri, come li definisce lei, sia soltanto una sfortuna?? le ricordo che callisto tanzi prima di acquistare il parma e portarlo in europa aveva praticamente concluso l’acquisto del torino ma un certo gianni agnelli alzò il telefono e lo dissuase caldamente dal fare quel passo…già, ma cosa vuoi che interessi alla fiat il piccolo torino….

  2. maurizio says

    siamo ormai piu vecchi una media 50 -70 anni prima cosa 2 cosa il calcio ormai lo decidono in alto non piu giocato regolare 3 cosa la piu importante noi amiano il toro non presidenti ho calciatori amen

  3. Marina says

    Il tuo articolo riassume quello che predico nel deserto da anni e anni.
    E’ tutto talmente alla luce del sole che non riesco a capacitarmi che ancora venga negato.
    Otto anni di nulla, non il Fila, non una sede decente, non un centro per le giovanili, nessun interesse per la storia, nessuna promozione per portare i giovani allo Stadio e totale silenzio assenso sulla concessione della Continassa, così indecente da svegliare persino l’interesse della non brillante (quando si tratta di gruppo Fiat)magistratura torinese.
    Torino NON deve essere più granata, c’è da riempire i cinema, i supermercati, le gallerie commerciali, lo stadio, tutto a strisce e stelle, più o meno vere che siano, non importa.
    E Cairo è utile e funzionale a questo progetto: tanto utile e funzionale che se non avesse il suo bel tornaconto sarebbe un idiota. Ma Cairo un idiota non è.

    • Emiliano Lemma says

      Vi date troppa importanza Marina. Non lo dico con cattiveria né mancandovi di rispetto, ma vi fate dei film che non esistono. Per i dirigenti della Juve il Toro è solo una squadra del campionato di Serie A (e non sempre). Le rivali sono altre e gli interessi altri ancora.

      • Marina says

        Signor Lemma, il film non lo facciamo noi, lo fa la storia e la realtà dei fatti.
        Quando si costruiscono realtà commerciali da milioni e milioni di euro, brandizzate, devono funzionare e rendere.
        E le nuove generazioni NON devono essere granata.
        Nessun film, marketing.

  4. ferruccio says

    Caro signor Lemma lei è sicuro che quella di incappare in presidenti poco seri, come li definisce lei, sia soltanto una sfortuna?? le ricordo che Callisto Tanzi prima di acquistare il parma e portarlo in europa aveva praticamente concluso l’acquisto del Torino ma un certo Gianni Agnelli alzò il telefono e lo dissuase caldamente dal fare quel passo…già, ma cosa vuoi che interessi alla fiat il piccolo torino….

  5. Dario Maggi says

    Non sono sicuro che sia così emiliano, perché certamente a voi bianconeri conviene sposare la tua linea, snobbando quasi il Torino, ma troppe cose nella storia sono andate verso una direzione a dir poco incomprensibile. In fondo prima di essere grandi in Europa e nel mondo, è necessari essere grandi, i più grandi, a casa propria.

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