Finale.
Che poi è l’ultima partita. l’ultima della stagione, ma anche l’ultima che avresti mai pensato di giocare qualche mese fa.
E invece c’è, è reale, è un sogno che dura, anche quando ti svegli la mattina.
In realtà è la prima.
La finale è l’ultima partita, ma in realtà la prima: è solo l’inizio.
La Juve non solo è tornata, ha ripreso il suo posto e lo ha consolidato, tiene la velocità di crociera elevata non rallenta, frutto di programmazione, investimenti azzeccati, mentalità e capacità, prima fuori dal campo, poi come naturale conseguenza dentro.
Non sono solo i 4 scudetti consecutivi a testimoniare i risultati, ma il modo in cui la dirigenza è uscita dall’uragano che l’ha travolta il 15 luglio: quando dalle sciagure ne esci più forte sono guai, per gli altri.
Quando l’uomo simbolo e condottiero ti abbandona in mezzo alle onde ma tu riesci lo stesso a cavartela non hai imparato solo a nuotare, ma sai di poter sfidare i pesci grossi, e batterli.
E questo grazie ad un progetto serio, grazie ai fatti prima delle parole, grazie alla programmazione, grazie al presidente che invece di dire “non esiste la programmazione a medio o lungo termine” nella programmazione ci crede eccome se ci crede.
E programma, e vince. E riprogramma, e rivince.
E non sarà il risultato del 6 giugno a cambiare il corso delle cose (non lo sarebbe stato nemmeno quello di ieri sera qualora fosse passato il Madrid); certo potrebbe rendere storica una stagione straordinaria, ma la strada ormai è segnata.
Con il passaggio di turno a Madrid, battendo i campioni in carica si è chiuso un cerchio.
In europa la Juve è tornata ad essere protagonista, e sta mettendo le basi per rimanere in quel “ristorante” da tanti € a lungo.
Non sempre arrivando in finale, ma giocando per arrivare fino in fondo a tutto, sempre.
Ecco perché il 6 giugno finisce la stagione bianconera, una delle più belle, ma in fondo è solo l’inizio.