Sono passati 47 anni da quel 15 ottobre del 1967, una data scolpita nella memoria di tutti i tifosi del Torino, per l’ennesima tragedia occorsa ad una squadra in forte credito col destino. Gigi Meroni, la “farfalla granata“, l’ala destra che faceva sognare i tifosi coi suoi dribbling imprevedibili che lasciavano di stucco gli avversari, moriva a 24 anni mentre attraversava Corso Re Umberto insieme suo compagno di squadra e amico Fabrizio Poletti. Era la sera che seguiva il successo per 4-2 contro la Sampdoria, una domenica come tutte le altre, quelle in cui era previsto il ritiro post-gara, imposto dall’allora mister Edmondo Fabbri. La solita cena tutti insieme nella sede di Corso Vittorio Emanuele, e il destino che torna beffardo a far capolino in casa granata, perchè il fino allora irreprensibile mister Fabbri, concede a Meroni e Poletti la possibilità di abbandonare anzitempo il ritiro per godersi la serata libera.
Era una tipica serata di ottobre, col freddo pungente che accompagna perfettamente una sigaretta fumata all’aria aperta, le auto che sfrecciano veloci sui dritti viali di Torino nella penombra degli alberi che fanno da cornice, ancora oggi a corso Re Umberto, e che filtrano la luce fioca dei lampioni e il cielo scuro che sembrava presagire la tragedia che di li a poco sarebbe accaduta. Gigi Meroni, che aveva dimenticato a casa le chiavi e stava per andare a telefonare alla sua compagna Cristiana, attraversando il corso all’altezza del numero civico 46, insieme al suo compagno di squadra, venne investito da una Fiat 124 Coupé guidata da Attilio Romero, che tocco di striscio Poletti ma colpì in pieno la gamba dell’ala granata, che venne sbalzato dall’altra parte della carreggiata, dove venne travolto da una Lancia Appia che trascinò il suo corpo per 50 metri prima di riuscire a fermarsi. Il dramma era compiuto e Meroni morì poche ore dopo, alle 22.40, all’ospedale Mauriziano, dove venne portato da un passante, in quanto l’ambulanza rimase imbottigliata nel traffico post-partita. Le fratture alle gambe, al bacino e il gravissimo trauma cranico, non lasciarono scampo a quello che da quel momento divento l’ennesimo eroe sfortunato della storia granata.
Una tragedia che ha sconvolto non solo Torino e il Toro, ma tutto il mondo del calcio e l’intera nazione, perchè Meroni non era un semplice calciatore di 24 anni, ma un simbolo degli anni ’60, con quel suo essere geniale ed anticonformista, col suo talento e la sua imprevedibilità che ne hanno fatto già a 24 anni un personaggio, arrivato in granata grazie ad una perfetta intuizione di un’altro grande della storia granata, l’allora presidente Orfeo Pianelli.
Era la farfalla granata, chiamato così per la sua facilità di movimento sul campo, coi suoi dribbling ubriacanti ma anche per il suo modo di essere fuori dal campo, col suo vestire particolare, i suoi capelloni e l’indimenticabile pizzetto o barba sempre lunga. Un artista sul campo e fuori, dove dipingeva quadri nella sua soffitta di piazza Vittorio in cui viveva con la sua compagna Cristiana, giovanissima giostraia di origine polacca, conosciuta al bancone del tiro a segno del Luna Park. L’ennesimo segno dello spirito di Gigi, che non poteva che scegliere come compagna, uno spirito libero quale lui era. Pennellava cross incredibili, e dipingeva quadri e cravatte di tela fuori dal campo che indossava in perfetto stile “beatles” non solo per i lunghi capelli e il suo look, ma per il suo pensiero libero e la voglia di vivere al massimo ogni attimo della sua vita.
Il destino aveva fatto incontrare il Torino e Meroni, e lo stesso destino, che lo avrebbe portato sicuramente verso altri lidi più prestigiosi, lo rese indelebile nella memoria granata. Arrivò a Torino nel 1964 grazie al presidente Orfeo Pianelli, che lo portò sotto la Mole prelevandolo dal Genoa per la cifra record di 300 milioni di Lire, e lo stesso presidente fu quello che rinunciò, anche “spinto” dalla piazza che scatenò una specie di insurrezione popolare, ad una offerta stratosferica della Juventus di 750 milioni. Formava con il centravanti Nestor Combin una coppia d’attacco frizzante e spumeggiante che fece da preambolo ai “gemelli del goal” che fecero sognare i granata qualche anno dopo.
La Juventus era la squadra che Meroni avrebbe affrontato la domenica successiva nel derby della Mole, ma il destino, portò la farfalla granata a volare più in alto fino al cielo, e quella stracittadina, venne giocata col groppo in gola da giocatori, tifosi e tutti i presenti allo stadio. Nel silenzio funereo delle tifoserie il campo di gioco venne inondato di fiori lasciati cadere da un elicottero, depositati tutti sulla fascia destra, quella di Gigi Meroni. La partita terminò 4-0 per i granata con trippletta di Combin che insistette per giocare quella partita nonostante la febbre, ed il quarto goal siglato da un ragazzo, Alberto Carelli, mandato in campo con la maglia di Gigi: la numero sette. Era il 22′ della ripresa e tutto lo stadio si fermo a guardare il cielo tra incredulità e commozione.
Sono passati 47 anni, e ne passeranno altrettanti ma il ricordo di quel ragazzo che era nel destino del Torino, ma che il destino ha strappato troppo in fretta dal Torino, e dalla vita, resterà indelebile nella memoria di tutti, anche di chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo. La Farfalla Granata volerà per sempre…