Il fallimento della democrazia applicata al calcio

Eccoli qua, i Mondiali del Brasile! Quando la kermesse mondiale del Calcio è stata assegnata ufficialmente al Brasile, ammettiamolo, siamo stati tutti contenti. Stiamo parlando del Brasile! Spiagge stupende, ragazze bellissime, allegria, clima da carnevale perenne e, soprattutto, un luogo in cui il calcio è tutto. Inoltre, i Mondiali, e le Olimpiadi, nel 2016, in Brasile rappresentano anche il giusto riconoscimento per un paese che esce da una povertà secolare per regalare benessere al proprio popolo.

E invece no. I Mondiali del Brasile si sono portati con sé polemiche, scontri, inefficienze, corruzione e spese folli e incontrollate. Era ovvio che fosse così: ovunque ci siano ampi strati della popolazione in chiara difficoltà economica (i milioni di abitanti tagliati fuori dal progresso e dal benessere degli ultimi decenni) le polemiche per il modo in cui vengono spesi i miliardi di dollari necessari alla costruzione di stadi e infrastrutture sono inevitabili. Inoltre, i social network non fanno che amplificare il tutto.

In Germania, nel 2006, le polemiche sono state quasi inesistenti a fronte comunque di investimenti decisamente inferiori. Ma è naturale: la Germania non aveva bisogno di abbattere favelas e costruire da zero infrastrutture ma solo di migliorare l’esistente.

Pensavo, fino a ieri sera e fino all’assurdo rigore concesso dall’arbitro giapponese al Brasile, che comunque poi appena fischiato il calcio d’inizio le polemiche sarebbero passate in secondo piano lasciando spazio all’amore per il gioco più bello del mondo.

favelasInvece quel rigore, assegnato per incapacità evidente dell’arbitro, dimostra un’altra realtà. Non è stato, quello di Nishimura, un errore dovuto non ad incapacità tecnica, quanto ad una generalizzata difficoltà, da parte di arbitri che provengono da federazioni dove il calcio è un’altra cosa rispetto ad Europa e Sudamerica, nel gestire situazioni di stress ambientale notevole. Sei lì, nel tempo del calcio, ad arbitrare il Brasile, in  casa, nella partita iniziale del Mondiale, con qualche miliardo di persone che guardano e devi gestire tutta la pressione di un possibile fallo da rigore in una frazione di secondo. Proprio tu, signor Nishimura, che magari sei abituato ad arbitrare le civilissime partite tra lo Yokohama e il Sagan Tosu.

So di attirarmi addosso critiche e accuse per quanto sto per scrivere, ma, come sempre, me ne infischio. Le proteste (e la corruzione e le spese folli e tutto il resto) relative all’utilizzo delle risorse pubbliche per le opere legate al Mondiale in un Paese come il Brasile sono legate a quelle relative all’arbitraggio di tutti gli Nishimura che vedremo all’opera in queste settimane.

La democrazia del calcio, quella che prevede che non solo debbano esserci, ai Mondiali, squadre rappresentative di ogni continente del pianeta (e questo è assolutamente un principio sacrosanto) ma anche arbitri di ogni latitudine porta a situazioni come quella di ieri e come quella di Byron Moreno. E, ampliando il discorso, consentire a paesi quali il Sudafrica, il Qatar e il Brasile, per motivi economici ma anche di principio, di organizzare i Mondiali di calcio si sta dimostrando un evidente fallimento.

Nel mondo moderno, quello della globalizzazione ma anche, e soprattutto, quello delle disuguaglianze sociali che non possono venire nascoste, non solo non è corretto assegnare i Mondiali a Paesi come il Brasile ma neanche, e la storia lo dimostra, all’Italia e ovunque la corruzione, la disorganizzazione e le problematiche politico-economiche siano ingestibili.

Se non solo gli italiani, dietrologi, sospettosi e malpensanti di natura, dopo ieri sera penseranno che questi mondiali saranno pieni di arbitraggi scandalosi e che il nome della squadra vincitrice dovrà essere, per merito o per altri motivi, il Brasile, significa che occorre una seria riflessione sul modo di organizzare l’evento mediatico e sportivo più appassionante del mondo.

arbitroFacciamo organizzare i Mondiali a paesi come la Germania o gli Stati Uniti (a patto di far giocare le partite ad orari umani), nei quali le cose, bene o male, funzionano e dove il tasso di corruzione è riconducibile a quello considerato normale per la natura umana. Paesi che non necessitano di opere pubbliche mostruose ma solo di correttivi e migliorie dell’esistente. Paesi nei quali non ci sarà una logica e inevitabile spinta ambientale nel favorire la squadra di casa, come avvenuto troppe volte in passato (Brasile, Argentina, Corea). Oppure lasciamoli organizzare a nazioni quali la Cina, che sa gestire perfettamente, seppur in modo discutibile, situazioni sociali contrastanti.

E mandiamo, ad arbitrare le partite, solo gli arbitri migliori del mondo. Si sceglieranno i migliori arbitri tra quelli che si saranno cimentati nelle centinaia di partite dei gironi eliminatori. E se alla fine risulteranno migliori 12 arbitri inglesi, 8 tedeschi e nessun malesiano pazienza, ce ne faremo una ragione.

Altrimenti rassegniamoci a situazioni come quella che stiamo vivendo, nelle quali dovremo sentirci in colpa per un gol della nostra nazione perché per realizzare lo stadio nel quale stanno giocando i nostri eroi pallonari sono morti degli operai e tante famiglie in difficoltà non hanno avuto aiuti statali perché il Governo ha preferito organizzare i mondiali. Tutte stronzate moraliste, per quanto mi riguarda, però non posso negare che chi sostiene queste cose non abbia un minimo di ragione.

 

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