Rolando Bianchi e Giampiero Ventura… Storia di un amore mai nato. Questa semplice frase può rappresentare in pieno quel che è stato in questi due anni di convivenza forzata il rapporto tra il mister e il capitano. Già dai primi giorni in cui il tecnico genovese, prese in mano le redini dei granata, le parole verso Bianchi, non furono certo rassicuranti, infatti Ventura congelò subito la possibile permanenza del capitano nel suo toro, esordendo nella sua prima intervista da tecnico, con una frase che lasciava spazio a poche interpretazioni:”E’ evidente che parliamo di un calciatore che merita la serie A e mi sembra di capire, tra l’altro, che il suo stipendio nella cadetteria sia un compenso obiettivamente pesante. Lui è sul mercato di serie A. Se Mazzarri lo vuole credo che faccia bene perchè è un attaccante che fa reparto da solo ed ha le caratteristiche giuste per come gioca il Napoli. Ogbonna? Mi farebbe piacere restasse al Toro.”
Con queste parole il mister aveva praticamente “scaricato” a priori il capitano granata reduce da due stagioni in cui lo stesso aveva segnato 46 reti in serie B. L’ingaggio fuori mercato del capitano, messo ovviamente sul mercato ad ogni sessione, ha fatto si, che quella che sembrava una separazione scontata, divenne una convivenza forzata per 2 anni, in cui Ventura ha schierato Bianchi, abbastanza regolarmente a inizio stagione, preferendogli poi, strada facendo, giocatori come Antenucci, Meggiorini e Barreto e ostacolando ogni possibile trattativa relativa al possibile rinnovo del giocatore.
Due anni in cui anche nelle interviste il tecnico si é prodigato più volte per difendere, o complimentarsi coi suoi pupilli (Meggiorini in primis), senza mai una parola di elogio nei confronti di un giocatore, che pur non avendo le caratteristiche idonee al suo gioco, si è prodigato, snaturando se stesso, per rientrare negli schemi del tecnico. Le uniche frasi uscite dalla bocca di Ventura sono state “Bianchi è il nostro capitano, non parlo del rinnovo, decide la società…”. Come se fosse quasi un fastidio parlare di un giocatore, talmente amato dai tifosi e dalla piazza, che potesse rappresentare un pericolo per il narcisismo del tecnico, che probabilmente non ama avere delle “prime donne” nello spogliatoio.
Ciononostante Bianchi ha sempre dimostrato una serietà comune a pochi, essendo sempre lui a tirare il gruppo durante le sedute di allenamento e nei momenti di difficoltà sempre l’ultimo a mollare, stringendo i denti e reinventandosi giocatore ben diverso da quello che lui era, sacrificandosi in fase di copertura, giocando più per la squadra che per se stesso e segnando comunque 20 goal in due stagioni, togliendo più volte le castagne dal fuoco al tecnico che invece ha continuato fino alla fine a preferirgli Meggiorini e Barreto e in alcuni casi addirittura Jonathas.
Ora siamo all’epilogo, i destini dei due si separeranno domenica alle 22.30 quando il pubblico dell’Olimpico renderà omaggio al proprio capitano, facendo masticare ancora più amaro il narciso Ventura che per una sera sarà costretto a rendere gli onori a un uomo entrato nella storia del Torino, con uno stadio intero che scandirà il suo nome a gran voce!
Il paradosso è che la partita col Catania potrebbe anche essere l’ultima da tecnico di Giampiero Ventura sulla panchina granata, il mister infatti potrebbe anche dimettersi, se il presidente Cairo, non lo accontentasse con una campagna di rinforzamento idonea alle sue richieste.
In questo caso potrebbe tornare addirittura di moda il rinnovo del capitano, ma potrebbe anche profilarsi un clamoroso duplice addio e ironia della sorte Bianchi e Ventura potrebbero aver convissuto forzatamente sotto lo stesso tetto per due anni e lasciare la squadra nello stesso giorno. Tre soluzioni verosimili che ne escludono una a priori, ovvero quella di un ennesimo anno di convivenza forzata, smentendo così uno dei proverbi più famosi al mondo: “non c’è il due senza il tre“.