Quella mattina in cui scoprii che Scirea se n’era andato

La cosa brutta di crescere (perché scrivere invecchiare non è mai piacevole) è quella di vivere giorni come questo, nei quali ricordi un evento che ha segnato la tua vita come fosse ieri e invece scopri che sono passati 25 anni. 25 anni senza Gaetano Scirea ed è difficile accettarlo ancora oggi. E’ difficile perché per quanto non ci sia mai una ragione per la quale un uomo debba morire è ancor più difficile accettare che possa morire, così giovane, un Uomo come Gaetano Scirea.

Ricordo che quella mattina, il 4 settembre del 1989, mi svegliai presto per andare con mio padre al lavoro. La scuola non era ancora cominciata ed io cercavo di darmi da fare. Ancora assonnato presi la mia brioches al bar e la mangiai, come abitudine, davanti al frigo dei gelati sopra il quale erano collocati i quotidiani. Lì appresi della tragedia. Per fortuna non avevo saputo nulla la sera prima, quando fu Sandro Ciotti a dare la notizia in diretta. Ero talmente sconvolto che la giornata fu interminabile. Troppe domande che non potevano trovare risposte nella testa di un quattordicenne che amava il calcio, e la sua Juve, più di ogni altra cosa.

Quando Gaetano era un calciatore io riuscivo spesso a convincere mio padre a portarmi al Combi a vedere dal vivo i miei idoli e, di tanto in tanto, ad accompagnarmi allo stadio. Due i miei eroi in bianconero. Era una squadra di campioni, quella, c’erano tutti quelli del ZoffGentileCabrini eccetera eccetera, i Campioni del Mondo. C’erano Tardelli e Boniek, il gigante Brio. Però, su tutti, c’erano loro: Platini e Scirea. Il primo, come facevi a non amarlo? Sornione genio dalla classe sconfinata, faceva gol e regalava assist in quantità industriali. Pallone d’Oro per 3 volte di fila. Le sue punizioni, ancora oggi, inimitabili. E poi c’era il Capitano.

Che stile Scirea. Ecco, pensavo da bambino, se fossi un calciatore vorrei essere Scirea. Platini sta lassù, nell’Olimpo dei fuoriclasse inarrivabili. Scirea invece è un calciatore fortissimo ma che era arrivato ad alzare la Coppa del Mondo (e tutte le altre Coppe sin lì inventate) grazie alla sua forza di volontà, alla sua capacità di lottare, di assumersi la responsabilità di guidare una squadra di campioni. Il tutto, con stile, garbo, rispetto degli avversari. Il tutto, senza mai un cartellino rosso. Mi piace pensare che sia un record, ma non voglio verificare perché non potrei accettare di scoprire che magari non è così.

Gaetano aveva stile. Un difensore con la classe del regista. Pulito nei suoi interventi difensivi, avanzava palla al piede verso la porta con il petto in fuori.

delpiero_magliascirea_R375x255_07nov09Credo che tre siano i giocatori che hanno rappresentato lo stile Juve in diverse epoche. In mezzo a centinaia di campioni che hanno indossato la maglia bianconera Boniperti, Scirea e Del Piero sono stati il simbolo di tre periodi storici diversi della Juve. Campioni accomunati dal fatto di essere stati grandi in campo ed anche fuori.

Scirea, per la sua Juve, è anche morto. In un’epoca in cui se volevi conoscere le tue avversarie di Coppa non potevi ricorrere nè a Youtube e neanche alle videocassette, l’unico modo per fornire una relazione precisa al tuo allenatore era quello di andare lì e guardarne una partita. Così Scirea fece e quel sorpasso fatale ci privò di un uomo straordinario.

Purtroppo non ho il dono della fede, altrimenti sarebbe bello immaginare Scirea ancora in campo assieme ad Andrea, Ale e Richy, sostenuti sugli spalti da quei 39 angeli che se ne andarono in quell’infausta serata di fine maggio 1985.

 

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