Toro, il tuo migliore calcio è dentro di te, devi solo tirarlo fuori

Il Toro è letteratura. Loro sono un videogioco. Truccato.
cit. Profumi per la Mente

Il Derby della Mole della tredicesima giornata inizia puntuale, in una grigia e piovosa giornata di fine novembre.

Giocare bene non basta. E soprattutto non basta contro una squadra come la Juventus, dotata di una notevole e ormai palese dose di fortuna.
Ma c’è da dirlo, pure di una forza fisica e psicologica che intima a non lasciare mai nulla, a non mollare mai nulla.

Il più bel Torino visto finora in questa stagione, la peggior Juventus ammirata fin d’ora da inizio campionato.

Eppure quest’ultima, in un modo o nell’altro i tre punti riesce comunque a portarseli a casa.

Senza Buffon: all’ultimo Allegri dovrà fare a meno del portiere titolare della squadra bianconera e della Nazionale. Dentro Storari.

Ribatti il rigore: a pochi minuti dal fischio d’inizio, punizione per la Juve; fallo di braccio in aerea, e Orsato fischia: è rigore. Vidal tira, è goal. Ma si deve ripetere. Prova con l’altro angolo. È rete comunque. La vecchiastra si porta in vantaggio.

Il Torino c’è: i granata un bel gioco l’hanno creato eccome, tanto che proprio come quando l’avversario confonde esibendo mosse e posizioni anomale e differenti rispetto a quello che uno si aspetta, la squadra di Ventura mette in difficoltà i bianconeri che faticano a stargli dietro, fino ad essere costretti ad un cambiamento di modulo.

Super Super Peres: sei-sette metri di campo in assoluta autonomia. Il brasiliano corre e dribbla gli avversari. Parte dalla sua metà campo e arriva in area avversaria. Il nemico Charlie c’è, ma è come se non ci fosse.
Un tiro potente, cercato, voluto, e ottenuto. È pareggio del Torino. La curva in delirio, la squadra a festeggiare con i tifosi.

C’è quantità e qualità: doppio giallo per Lichtsteiner, ed è espulsione per lo svizzero. In inferiorità numerica, la Juve si aggiudica comunque la stracittadina.

Questo cosa insegna? Che un gioco di quantità, come si è potuto osservare ieri, non assicura la vittoria. Un gioco di qualità invece sì.

A rafforzare questa teoria, gli scacchi e i combattimenti corpo a corpo che sostengono appunto che:

“le buone posizioni non fanno vincere, le buone mosse sì”.

Manca qualcosa: se c’è qualcosa che manca al Toro, oltre qualche centrocampista e qualche attaccante, è la cattiveria agonistica. E la forza della mente, che nelle competizioni sportive -come nella vita- risulta necessaria.

Perché volerlo non basta, bisogna crederci fino in fondo. E manco a farlo apposta, bisogna crederci fino alla fine del novantesimo più eventuale recupero.

Parole intraducibili: ci sono determinate parole che non si possono tradurre. Ad esempio “derby della Mole” o “bianconeri” gli inglesi le riproducono così, in italiano.

Non esiste traduzione.

Così come non esiste da quindici anni o giù di là l’espressione “il Toro vince la stracittadina, il cielo è granata sopra Torino”.

Ma i ritorni servono anche per prendersi certe appetitose rivincite…

… Quindi appuntamento ad aprile, che rivincita sia.

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