Una sedia alzata e una gola tagliata…

Ci sono gesti che restano nella memoria collettiva per decenni, che segnano nel bene o nel male il destino di una persona, che identificano un individuo, che verrà sempre ricordato per quegli atteggiamenti. Ci sono uomini che lasciano un ricordo indelebile nella vita come nel calcio, capaci di rappresentare un popolo, una passione, una follia, una malattia: il Torino. Ci sono uomini che non sono solo uomini ma anche condottieri, allenatori del Toro che hanno in qualche modo scritto la storia di questa società: Emiliano Mondonico e Giampiero Ventura, che ha ancora la penna in mano e qualcosa lo potrà ancora scrivere.

Chi non ricorda “il Mondo“? Quel suo calcio d’altri tempi, fatto di cose semplici come “palla lunga e pedalare“, senza troppi schemi ma con dei giocatori che scendevano in campo con il cuore grondante di sangue granata, con la maglia fradicia del proprio sudore donato alla causa e con la voglia di uscire dal campo a testa alta sempre e comunque, senza accontentarsi mai. Una squadra fatta di difensori rocciosi che mettevano paura solo a guardarli in faccia, che andavano a giocare nel freddo di Copenhagen con maniche corte e i peli sulle gambe, fatta di centrocampisti che univano classe e qualità a grinta e cattiveria, e attaccanti in grado di far sognare i tifosi. Era il Toro di Mondonico, quello di Policano, Annoni, Cravero, Pasquale Bruno, Lentini, Martin Vasquez, Scifo e Casagrande… Il Toro di Fusi, Mussi, Venturin e Marchegiani, il Toro della Coppa UEFA!

Quella competizione così affascinante e maledetta, sfuggita dalle mani di quel Torino per quella solita storia del destino beffardo che puntualmente sembra mettersi di traverso e che trasforma le speranze in pianto, quell’attimo in cui si aspetta solo di alzare le braccia al cielo in segno di vittoria ed invece ci si ritrova con le lacrime agli occhi. Il Toro non ha mai alzato quella coppa, l’ha solo vista, accarezzata invidiando gli olandesi che se la coccolavano sotto le note di “We are the Champions“. Cosa resta di quella serata? I tre legni colpiti dal Torino, le parole di Cravero a fine gara “credo che esiste solo una società al mondo che perde le finali così: questa è il Torino. Siamo maledetti, non so cosa altro dire”, ma soprattutto un gesto di quelli che rendono un uomo un mito: la sedia alzata di Mondonico, per un rigore non concesso a causa di un presunto fallo in area su Cravero. Un gesto istintivo, un’immagine che è entrata da tempo tra quelle che hanno fatto la storia del Torino, compiuto da un uomo semplice, in grado di farsi amare non solo per i risultati che otteneva sul campo, ma anche perché aveva in primo luogo rispetto per i tifosi e per i suoi giocatori, chiunque essi fossero, che rispecchiava la semplicità ma anche la grinta che sapeva trasmettere ai suoi!

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Sono passati 22 anni, e capita che un altro uomo, un altro allenatore del Toro esca sconfitto quando sembrava aver raggiunto un traguardo atteso da troppi anni, ovvero fermare gli odiati cugini bianconeri. L’uomo che dopo vent’anni di astinenza ha avuto il merito di riportare il Torino a sognare le magiche notti europee di Coppa UEFA, impresa resa ancor più nobile perché i mezzi a sua disposizione sono nettamente inferiori a quelli del suo predecessore. Una persona molto, troppo diversa da quel che ha rappresentato Mondonico nei suoi anni al Toro: piú burbero, più taciturno, più calcolatore, meno alla buona, non proprio la persona con la quale ci si siederebbe a tavola davanti a un bicchiere di buon vino, e forse per questo meno affine alla piazza. Un uomo incapace di farsi voler bene, perché a differenza del primo ha la tendenza di accentrare su di se i meriti di quel che ottiene, provando troppo spesso ad inventare qualcosa di nuovo o a intestardirsi su determinati giocatori o modelli di gioco, per dimostrare che in fondo ha sempre ragione lui, anche quando l’evidenza sembrerebbe dargli torto.

Un allenatore dalle mille virtù ma dalle altrettante contraddizioni, un mister filo societario, in grado, si dice, di “saper cavare il sangue dalle rape“, di dare una stabilità o presunta tale, ad una squadra che aveva cambiato 10 allenatori in sei anni, inchiodandosi ad una panchina, fin li ballerina,  da 3 anni e mezzo e ottenendo risultati insperati anche dai più ottimisti. Portando il suo Toro, dalle gare in trasferta a Grosseto, all’Europa League senza però essere mai stato in grado di conquistare l’amore della piazza, che in più di un’occasione ha platealmente sfidato: inserendo più volte giocatori inadeguati che venivano sistematicamente fischiati, relegando il capitano Rolando Bianchi in panchina nella sua gara di addio al Torino, in una partita ininfluente per la classifica, per una sorta di dispetto fatto a un giocatore che gli toglieva visibilità perchè troppo amato dalla piazza, ma anche ai tanti tifosi che inneggiavano al suo nome.

Un mister che ha trovato la sua consacrazione grazie a Cerci e Immobile che secondo il parere di tutti ha fatto grandi, ricostruendoli come giocatori e come uomini.  Ma è stato proprio Ventura a far grandi Cerci e Immobile o sono stati questi due giocatori a render grande Ventura? Una domanda alla quale non è semplice rispondere, quel che si sa è che il mister probabilmente quest’estate ha pensato che i meriti fossero i suoi, decidendo non tanto di farne a meno, perché la decisione è stata del presidente, ma di non chiedere al magnate che venissero sostituiti degnamente, sperando con le sue capacità, e forse con una buona dose di presunzione di poter “far grandi” anche gente ormai finita come Barreto o giocatori non all’altezza come Larrondo e Amauri.

Impresa o presunzione che si sta rivelando utopica, anche se il Toro che gravita ora nei bassifondi della classifica e che tanta fatica sta facendo a segnare, per poco non è riuscito a sfatare un tabù che da vent’anni lo affligge, ovvero quello di battere la Juventus. Una vittoria che sembrava alla portata, quando l’arbitro lasciava i bianconeri in dieci  a un quarto d’ora dal termine con un Toro mai così in partita, e una Juventus mai vista così brutta quest’anno. Ci si aspettava che Ventura approfittasse di tanta grazia per sferrare il colpo del ko, per provare a far piangere chi da troppi anni ride alle spalle dei tifosi del Toro, e per di più nella loro casa, quella casa costruita proprio sul fallimento dei granata. E invece Ventura non affonda il colpo, sembra quasi accontentarsi del punto, che comunque sarebbe già “tanta roba” dopo anni di magra. Un atteggiamento che però poco si addice al Toro, quella squadra che ai tempi di Mondonico non si accontentava ma provava piacere nel veder soffrire la sua vittima e la uccideva, senza stringerle nemmeno la mano al 90′ e senza scambi di maglie, specie se bianconere.

Ma il Toro di Ventura è quello che si accontenta, ed è proprio questo che non piace a molti tifosi, perché il Toro non deve speculare sul risultato, non deve biscottare un pareggio per salvare la pelle come si fece col Genoa due stagioni fa, perché chi si accontenta non gode o magari si incazza, come successo al 93′, quando per un errore di uno dei pupilli del mister è arrivata puntuale la beffa. Si aspettava solo la fine, ma era un finale in agrodolce in cui non si attendeva di alzare le braccia al cielo, perché per un pareggio non si dovrebbe esultare, ma per una sconfitta si può piangere ma anche arrabbiarsi a seconda di come maturi la disfatta… Si è pianto ad Amsterdam, quando fino all’ultimo istante si è provato a vincere, ed salita la rabbia al goal di Pirlo perché si è persa una partita che non si è voluta vincere pur avendone la possibilità!

Resterà nella storia quel gesto fatto da Ventura ad un tifoso del Toro che lo contestava, quella simulazione di una gola tagliata, fatta dal mister ancora in trans agonistica, comprensibile dal punto di vista umano, ma rappresentativo di una reazione ad uno sfogo legittimo di chi ha visto il Toro accontentarsi, non voler vincere, non voler infliggere il colpo di grazia a chi ti deride da troppi anni e che in quel momento stava ancora ridendo alle tue spalle. Un gesto che non verrà mai scordato, come quella sedia alzata da Mondonico, ma che rappresenta un Toro che si é arreso prima di combattere, un Toro che è riuscito a suicidarsi con il colpo in canna per uccidere il nemico.

Due uomini, due allenatori, due gesti che resteranno per sempre nella memoria storica del Torino, con la consapevolezza che una sedia al cielo può valere più di una coppa alzata e sicuramente più di una gola tagliata, e che in fondo, nel bene o nel male, si può entrare nella storia anche con una sconfitta.

 

 

Comments

  1. contemax says

    La sedia di Mondo contro il cielo era un “ce l’ho messa tutta, ho lottato e non mi arrendo neanche alla sfiga anzi ti sfido ancora di più”
    Il gesto di ventura è becero e bruttissimo! è verso UNA PERSONA, un POPOLO che nella voglia di lottare e nel non arrendersi mai aveva il suo segno distintivo! quelle persone, quel popolo che ora sente la resa prima ancora della sconfitta!

  2. Nikhil says

    Sono in disaccordo su alcuni punti.
    Primo: il rendimento di Cerci e Immobile è merito di Ventura, e ciò è ampiamente dimostrato dalle loro prestazione prima dell’arrivo a Torino e dopo l’aver lasciato questa piazza. I due hanno funzionato alla grande solo a Torino, e quindi il merito dell’allenatore è inequivocabile.
    Secondo: nel 1992 ci arrendemmo alla sfortuna, che non ci concesse di vincere una coppa che avremmo meritato di alzare, dopo avere eliminato il Real Madrid e aver preso tre legni in finale. Nel derby ci siamo arresi a una squadra semplicemente più forte, anche in dieci contro undici, con giocatori come Pirlo capaci di tirare fuori dal cilindro un coniglio come quello che abbiamo tutti visto. Sono sicuro che nessun tifoso avrebbe urlato contro Ventura (producendo di riflesso il brutto gesto) se la partita si fosse conclusa in pareggio, come sembrava destinata a essere. Siamo l’unica squadra ad aver giocato così bene allo Stadium, ma dato che abbiamo perso tendiamo a dimenticarcene.
    Terzo (e ultimo): due situazioni, due squadre, due ambienti diversi. Nel ’92, la nostra miglior stagione post-scudetto, grandi giocatori e un ambiente che respirava. Oggi, difficoltà, campionato difficile (anche ma non solo per colpa di Ventura), piazza delusa.

  3. Andrea says

    La penso in maniera completamente opposta a voi…e mi riesce difficile pensare alla scarsa lungimiranza e capacita’ di analisi che le persone hanno…
    Certo, Mondonico e’ stato un grande….soprattutto considerando che aveva alle sue spalle ciarlatani senza una lira che “vivevano” oltre le proprie possibilità’ (ma in questo noi italiani siamo maestri)….ecco, quello è’ stato l’inizio della fine. In soldoni, facile arrivare dove Mondonico e’ arrivato con quella squadra….

    E poi mi chiedo: Ventura ha sbagliato negli ultimi 15 minuti. Con una Juve in difficolta’ doveva affondare il colpo. Quindi, cosa avrebbe dovuto fare? Mettere Barreto? Ma per favore. Inserire prima Sanchez Mino? Siamo seri…. Mettere Martinez? Sarà’, ma non credo che sia un giocatore sfortunato, bensì una mezza sega (del resto uno che segna 9 goal su in Svizzera in un intero campionato non deve essere un mostro di bravura…).

    Cari tifosi del toro, tenetevi stretti Ventura, e sperate che non venga mandato via, perché’ quello sarebbe solo l’ inizio di una nuova fine.

    • Roberto says

      Caro Andrea vorrei tanto ricordarti che di quella squadra che è arrivata in finale di coppa c’erano solo due giocatori forse acquistati a cifre leggermente sopra la media il resto erano giocatori che venivano da un campionato vinto in serie B. Inoltre non capisco di quali soldoni parli……parliamo invece dei soldoni incassati da Cairo con le due cessioni e per niente reinvestiti….centomila volte meglio Borsano……

  4. Roberto says

    Caro Nikhil. Sul tuo primo punto non mi trovo d’accordo, ricordati che Cerci ed Immobile sono andati a giocare in campionati ben diversi e secondo me più difficili del nostro quindi non diamo il merito a Ventura di aver fatto esplodere i due …..sono convinto che se rientrano entrambi in Italia faranno bene di nuovo a prescindere dal loro futuro allenatore….mettiamoci in testa che il livello del nostro campionato e molto mediocre……per il resto sono d’accordo con te.

  5. Fabio Lino says

    Bellissimo articolo che ha un non so che di nostalgico ma anche un po’ polemico… Stupendo il modo di esporre il contenuto!

  6. Marco Corti says

    Adesso sono passati 5 mesi da quell’articolo. Pur mantenendo un indissolubile affetto per Mondonico, faccio notare all’autore dell’articolo quanto Ventura sia stato grande alla guida del Toro, la sua grandezza riconosciuta dallo stesso Mondo pubblicamente alla Domenica Sportiva.
    Facile sputare sentenze quando le cose vanno male. Vorrei tanto sapere cosa ne dice adesso dopo quanto “il tagliagole” ha dimostrato.

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