Non dimentichiamo i nostri eroi… Gigi Radice

radice-gigiIl 15 gennaio è stato il compleanno di uno dei personaggi leggendari della storia granata, il mister dello scudetto del ’76, quello, si dice “di Pulici e Graziani“, scordando troppo spesso che quel tricolore fu soprattutto merito dello storico condottiero, il sergente di ferro Gigi Radice, che ha appena compiuto 80 anni.

Solitamente quando si pensa ad un compleanno la nostra mente lo associa ad una festa, una torta e tanti parenti e amici coi quali stappare una bottiglia e fare un brindisi; niente di tutto ciò, perché per il povero Radice, malato da molti anni di alzheimer, è stata una festa silenziosa, non tra le mura di casa, ma presso la residenza per anziani di San Pietro in Brianza, dove da un’anno è ricoverato e seguito per 24 ore al giorno da un equipe medica che lo assiste in questa subdola quanto aggressiva patologia che ha immobilizzato un condottiero come lui rendendolo ormai da anni dipendente dagli altri.

Per un giorno, ha avuto il piacere di stare con chi gli vuole bene, ovvero la moglie Nerina, i figli Ruggero, Elisabetta e Cristina e i nipotini che per provare a farlo sorridere gli hanno portato in regalo un pallone. Una lunga carriera quella di Radice, che ha trovato il suo punto più alto da giocatore nel 62/63 in rossonero con la vittoria di scudetto e Coppa dei Campioni, ma che lo ha visto appendere appena trentenne le scarpe al chiodo per un grave infortunio. La carriera da allenatore cominciò nel Cesena dalla stagione 72/73, poi Fiorentina e Cagliari, prima di approdare in granata nel 1975 raggiungendo l’apoteosi con lo scudetto del 76′, il secondo posto dell’anno successivo, per poi lasciare i granata nel 1980, al termine dell’era Pianelli. Poi la stagione a Bologna, dove scontati i 5 punti di penalizzazione in 4 giornate, ha condotto i felsinei virtualmente al quinto posto in classifica al termine di una stagione esaltante. Milan, Bari e Inter prima di tornare a casa, ovvero nel suo Toro, grazie al presidente Sergio Rossi, dove collezionò un’altro campionato memorabile che lo porterà nel 1985 al secondo posto dietro il Verona. Dopo altri 4 anni in granata fu la Roma ad ingaggiarlo, poi Bologna, Fiorentina, Cagliari, Genoa per chiudere la carriera nel 1998 a Monza, esonerato dopo la 5′ giornata di campionato.

Una delusione che fu l’inizio della fine per il “sergente di ferro” che dopo l’esonero piombò in quella che sembrava una essere grossa depressione, ma che col tempo ci si rese conto che fosse solo l’inizio di questa terribile malattia che oggi lo tiene prigioniero. Una patologia che uccide lentamente ma progressivamente i neuroni del cervello, con la sua conseguente atrofia progressiva. Una malattia silenziosa, ma che rende il malato completamente dipendente dai suoi famigliari, che spegne il cervello, il fisico, ma non gli occhi in cui si possono leggere la vita, le imprese e osservare il grande cuore di persone che purtroppo non possono più esprimersi ma probabilmente comprendono più di quanto noi stessi possiamo immaginare.

B7ZEA4ECQAESlrU_47740_immagine_ts673_400Un uomo ormai dimenticato dal calcio, che col suo meccanismo tanto bello quando si è sulla cresta dell’onda che regala soldi e popolarità, mostra il suo lato peggiore quando ci si tira fuori, dimenticando in poco tempo quanto fatto e trasformando gli eroi in perfetti sconosciuti. Oggi è la sola famiglia che si prende cura del loro sergente di ferro, perché il mondo del pallone non è più il suo da troppi anni e la macchina mediatica preferisce parlare di Antonio Conte, di Balotelli e degli arbitri, piuttosto che trattare anche solo marginalmente questi eroi di altri tempi. Gli unici che ancora sono vicini al grande condottiero, sono alcuni dei protagonisti dello scudetto del 76 e qualche tifoso granata che non dimentica.

Nessuno di noi deve cancellare il passato, e per quanto poco possa valere, sarebbe bello che questo post venisse condiviso da tutti, perché è solo parlando di questi “signori di un calcio che non c’è più” che li si aiuta a sentirsi meno soli, e può in qualche modo “avvicinarci” a chi sacrifica la propria esistenza per aiutarli. Perché se la vita è difficile per il malato, lo è altrettanto per chi lo assiste e l’indifferenza e la solitudine sono le peggiori nemiche di queste persone. Non dimentichiamoci dei nostri eroi, non lasciamo soli quegli uomini che un tempo hanno onorato la nostra maglia, portandola alla vittoria, regalandoci gioie che pochi hanno saputo donarci. Ora che sono loro ad aver bisogno di noi, non tiriamoci indietro e rendiamo l’onore che meritano uomini come Gigi Radice, perché se l’halzheimer è una bruttissima malattia, è tanto più tremenda se la si affronta nella solitudine e l’indifferenza, ed è quello che non deve accadere a questi nostri eroi di altri tempi.

Tanti auguri Gigi, io son nato nel 76′, una settimana dopo quel 16 maggio che ha visto il tuo Toro trionfare come non accadeva dai tempi del Grande Torino, ma ti ho ammirato nella tua seconda esperienza in granata, e ho letto e riletto di quella tua squadra che ha fatto sognare il popolo granata e questo post e solo un mio modo per dirti grazie, perché i veri granata non dimenticano!

 

 

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