Presidente, la pazienza è finita!

Caro presidente si ricorda quel 2 settembre del 2005 quando centinaia di tifosi granata attendevano la conferma del suo acquisto del Torino sotto il palazzo comunale? Ricorda quanta gente inneggiava il suo nome, e in quanti l’hanno letteralmente trascinata con la passione e la voglia di una tifoseria che da troppo tempo soffriva per l’assenza di un vero presidente al timone di un club che ha fatto la storia del calcio italiano? Ricorda le speranze che la gente riponeva nella sua persona, perché la vedeva come il salvatore della patria, quella figura che poteva finalmente scavare un solco coi suoi predecessori, in qualche modo tutti legati al mondo Fiat e quindi un po’ tutti dipendenti dalle volontà dei bianconeri?

urbanuccio

Mi auguro che ricordi anche come la gente granata accolse la sua prima stagione in serie B, con una media di 24.000 spettatori a partita, e l’apoteosi dei 54.000 che hanno spinto il suo Torino in Serie A nella finale contro il Mantova. Era l’emblema di un pubblico entusiasta, un pubblico che l’amava e credeva in lei e nel suo operato; un pubblico che le ha permesso di diventare Urbano Cairo il personaggio pubblico, che prima del Torino era soltanto l’editore di Airone, o ancor peggio il delfino di Berlusconi.

Sono passati otto anni da allora e le speranze di quel popolo che l’aveva eletta a pontefice, Urbano I, sono state disilluse, lasciando spazio allo sconforto di chi resta destinato a soffrire e a girare per Torino a testa bassa di fronte ai cugini bianconeri e a tutto il mondo del calcio, per cui il Torino è diventata ormai soltanto una provinciale, una squadra che fa la spola dalla A alla B e viceversa, senza un’identità, senza un cuore, senza quelle caratteristiche che hanno sempre contraddistinto il Toro.

Una squadra che non ha mai avuto, a parte Bianchi, dei giocatori che hanno rappresentato in pieno l’essere granata, ma soprattutto che abbiano capito cosa significhi il Toro, e non per loro colpe, ma per il fatto che in questi otto anni il Toro non è esistito, perché giocatori come De Vezze, Pellicori, Edusei, Recoba, Pancaro, Oguro, Barone, Music, Bjelanovic, Diana, solo per citarne alcuni, non possono rappresentare gli eredi degli invincibili e non sono da Toro.

Signor presidente, in otto anni di gestione è riuscito non solo a far disinnamorare i tifosi del Torino della propria squadra, ma ancor peggio anche i giocatori che sempre con minor entusiasmo decidono di venire al Toro o di rimanerci se hanno altre proposte. Ed é così che un giocatore come Ogbonna, nato é cresciuto nel vivaio granata, possa tranquillamente ammettere di voler andare alla Juve, senza che la cosa possa in lui destare qualche turbamento o pensiero di tradimento di una maglia che un tempo rappresentava una fede.

Si rende conto che dopo otto anni di  gestione, ci troviamo oggi, alla vigilia della sua nona stagione al timone del Torino, con 3 giocatori di proprietà e una squadra totalmente da rifondare? Si rende conto che nel ritiro di luglio Ventura potrebbe trovarsi soltanto una decina di giocatori con cui iniziare la preparazione? Comproprietà, prestiti, giocatori comprati a parametro zero e contratti annuali, non servono a costruire una squadra che abbia un identità, e a far comprendere a chi veste questa maglia, magari per un solo anno, cosa significhi il Toro, perché non ci si può innamorare in un solo anno, specialmente se si ha la consapevolezza che ogni stagione potrebbe essere l’ultima.

Essere presidenti del Torino, non è come essere alla guida di società senza una storia, come Parma e Catania, senza quelle caratteristiche che hanno fatto del Toro, una società unica, anche nelle sue disgrazie e non è possibile gestirla come Preziosi fa col Genoa, o Zamparini col Palermo che ogni anno cambiano più di metà squadra, a causa proprio delle comproprietà e dei prestiti, e i risultati si vedono!!! Al Toro serve uno zoccolo duro, servono dei giocatori che vivendo il Toro per più stagioni entrino in simbiosi coi propri tifosi, con la città, con la storia del club e possano capire il significato di questa esperienza, e non è con le comproprietà o coi “contratti a termine” che possono farlo.

Caro presidente il suo Torino, non è il vero Toro, e con questi presupposti non lo sarà mai! Nessuno le sta chiedendo di sperperare milioni di euro per comprare fenomeni, ma solamente di costruire qualcosa, di dare un identità ad una società che la merita. Solo in questo modo riuscirà a farsi amare da un pubblico che ama il calcio, che amava il Torino e che ora si trova orfano anche della propria squadra.

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