Per la legge secondo cui bisogna sempre distruggere le cose belle sennò non ci divertiamo, il contorno ha offuscato uno dei derby di Torino più equilibrati e belli degli ultimi 20 anni.
Di quello che è successo prima e dopo hanno parlato molto molti, e lo hanno fatto meglio di quanto io potrò mai sperare di fare in questa vita, quindi mi sposto oltre, faccio o provo a fare, un passo avanti e a pormi qualche domanda.
Da quando seguo il calcio, e ormai fanno quasi tre decadi, sento questo ritornello ripetuto a intervalli regolari: “fuori la violenza dal mondo del calcio”, e lo sento regolarmente perché la violenza è ancora dentro, con tutte le scarpe.
Da qui la domanda: cui prodest? a chi giova? a chi conviene?
La domanda parte da questa considerazione: il calcio è un’industria in piena regola.
È prima industria e poi sport, oggi più che mai.
È un prodotto da vendere, e per essere venduto dev’essere bello da vedere, appetibile, deve farti venire voglia di spenderci soldi per vederlo.
L’hanno capito per primi gli inglesi, e i risultati si vedono: la Premier League è il campionato più seguito al mondo, pur non essendo sempre il più bello; di conseguenza è il più ricco.
Il primo passo è stato quello di far diventare gli stadi dei salotti, a volte anche piccoli ma soprattutto prendere misure decise e drastiche contro i teppisti.
Sia chiaro il fenomeno non è stato risolto, è stato solo spostato altrove, le firm (i gruppi organizzati) continuano a menarsi come se non ci fosse un domani, però lontano dagli stadi.
“Non è una soluzione” qualcuno può dire e invece lo è, perché il problema sociale che sta alla radice è quasi impossibile da risolvere e non è certo compito di una SPA (che non è mica una onlus) mettersi a risolvere i problemi della società “civile”, al massimo non deve crearne di nuovi.
Una società di calcio deve vendere il proprio prodotto, la propria immagine, e in questo deve garantire che nulla interferisca con lo svolgimento delle proprie attività, per questo dovrebbe essere uno dei principali interessi prestare attenzione che nessuno faccia casino dentro al proprio stadio (in affitto o di proprietà che sia).
Provate a fare casino in un cinema, oppure tirare petardi (o un motorino) ad un concerto, o dentro un centro commerciale.
Provate ad assalire un pullman di russi mentre arriva al parcheggio di un outlet village.
Provate e vedete quanti secondi passano prima che non veniate denunciati.
L’inghilterra dicevamo: non ha risolto il problema, lo ha spostato (si vede quando i tifosi inglesi vanno a fare “visita” in europa) e ha trasformato il proprio campionato da una sfilza di partite giocate in campi di patate al torneo di calcio più spettacolare del mondo giocato in impianti bellissimi con campi da gioco che sembrano tappeti da biliardo.
E adesso vendono il prodotto che è un piacere: quasi 7 miliardi di € per i prossimi 3 anni (a cui aggiungere i ricavi per la visione all’estero, circa 670 milioni all’anno).
Per fare un confronto la serie A ha rinegoziato i diritti per il periodo 2015-2021 a quasi 6 miliardi per 6 anni, parliamo quindi della metà rispetto alla PL.
Il “modello inglese” con cui molti si riempiono inutilmente la bocca non è replicabile in Italia, né, per fortuna, deve esserlo per forza, ma lo spirito che c’è alla base si: fare leggi adeguate, con pene severe e poi farle rispettare, lavorando ad un piano sul lungo periodo (almeno 20 anni) per cambiare tutto il movimento calcistico italiano, mentre ad oggi “la vita media di una prospettiva è una campagna elettorale”.
Non è senz’altro la violenza l’unico problema del calcio italiano ma è uno dei più grandi:
Perché allontana la gente dallo stadio;
Perché porta a prendere misure di sicurezza che rendono più complicato l’acquisto di un biglietto e l’accesso all’impianto sportivo;
Perché generano un senso di disparità: oggi allo stadio chi si accende una sigaretta, se ci riesce perché è riuscito a nascondersi tra le mutande un accendino, ha subito lo steward sul groppone che gli dice di spegnerla mentre in curva continua ad entrare e passare di tutto.
Il risultato è vedere stadi spesso vuoti, e questo non aiuta lo spettacolo e non aiuta a vendere, funziona così dappertutto, se vedete 2 pizzerie attaccate una all’altra, una piena e una vuota, dove pensate che si mangerà meglio?
“le società sono conniventi coi gruppi ultrà” dicono molti, a ragione.
la domanda che faccio è: conviene davvero? e se si, a chi?
Conviene non risolvere mai il problema battendosi il petto ogni volta che succede qualcosa di grave (o come domenica all’olimpico di Torino dove è stato più lo scalpore mediatico che il danno effettivo) ma dimenticandosene il giorno dopo e rimetterci un sacco di soldi?
Tavecchio lunedì ha dichiarato che servono leggi speciali, come se quelle già in vigore non bastassero, come se il problema fosse la legge in se e non il mancato rispetto di quelle che già ci sono.
E allora, tutto questo cui prodest?