Juve-Lazio: per una volta, è stata solo una partita di calcio

Il piatto era ricco e tutti volevano vincere la mano. Quella finale

La Lazio voleva suggellare una stagione eccellente andata ben oltre le aspettative ma frutto legittimo del lavoro di società e tecnico.

La Juve voleva rendere la stagione da incredibile a memorabile e riportare a casa la coppa per la decima volta dopo 20 anni dall’ultima occasione, quella volta a Parma, con Delpiero appena nato, Vialli capitano di fascia e di animo e Baggio ai saluti e poi un toscano di mare in panchina a guidare il vascello che avrebbe scoperto terre bellissime e prima (quasi) inesplorate.

Lazio e Juve se le sono date, non si sono risparmiate, hanno cominciato subito a giocare: 10 minuti e già 2 gol, uno per parte.
C’era una favorita, come spesso accade, e la sfidante a viso aperto (come accade un po’ meno spesso)
C’erano 2 squadre che volevano solo giocare a calcio e vincere la coppa, senza retropensieri:
Nessuno si sentiva vittima, nessuno temeva il potere oscuro ai piani alti di Lotito, nessuno si sentiva vittima del potere da sempre rappresentato dalla Juventus.

C’erano 2 squadre e a tutte 2 interessava solo una cosa: giocare a calcio e vincere la partita. Stop.

E poi c’era l’arbitro, Orsato, alla terza finale di fila, perché più bravo degli altri, ma è stato semplicemente un attore non protagonista del gioco, uno tra i tanti.

Ha deciso bene spesso, sbagliato un po’ meno, ma per una volta non si sono visti capannelli attorno all’arbitro manco fossimo in un film di Bud Spencer (“è una strategia” disse qualche mese fa un portiere d’albergo abruzzese), scene d’isteria collettiva, il pubblico che da fuori di testa e comincia a chiedere rigore per un colpo di testa.

Niente cori “sapete solo rubare”.

Per una notte i morti dell’heysel hanno riposato in pace, Paparelli pure, Pessotto si è goduto la partita senza che il suo nome fosse nominato (invano).

Per una notte è stato bello sentire l’inno italiano cantato da tutto lo stadio, senza nessuno che lo fischiasse.

E poi alla fine: solo applausi, per i vincitori e per i vinti.
Niente cori contro gli avversari, come dovrebbe essere non sempre (il mondo perfetto anche no grazie) ma più spesso.
Coi tifosi della Juve a festeggiare una stagione storica, quelli della Lazio a ringraziare la propria squadra per la splendida prova.
Con le squadre a complimentarsi reciprocamente, senza nessuno che fuggisse negli spogliatoi, nessuna diserzione alla premiazione, nessuna polemica.

È stato solo calcio, per una volta ed è stato tutto così bello che non sembrava nemmeno vero, che manco ci crederei se non ci fossero state migliaia di persone a testimoniarlo.

È stato solo calcio ed è stato così bello che a ripensare all’anno scorso, alla sparatoria fuori dalla stadio e al tifoso in fin di vita, ai pullman assaltati, a Genny la carogna che decide se come e quando giocare e le autorità impotenti e babbee in tribuna viene quasi da commuoversi, perché per una volta è stato solo calcio.

 

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